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13 10-15 50 RadioRomania Piotr Ilici Ceaikovski – Simfonia a IV-a op. 36 în fa minor (Orchestra Academiei Naţionale «Santa Cecilia», dirijor Antonio Pappano) 19 00-20 00 RNZ RODRIGO Fantasia para un gentilhombre Marco Socías (gtr) Granada City Orch/Josep Pons (Harmonia Mundi HMC 90 1764)
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海外映画俳優マガジン youtube検索 Wikipedia Desperadoという映画に主演したときの映像だと・・・思う http //uk.youtube.com/watch?v=GhKJ9ig7I1c
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10 19-11 00 KUAT Brahms – Violin Concerto In D, Op. 77 unbekannt 13 20-15 50 3/7 RadioRomania Piotr Ilici Ceaikovski – Simfonia a IV-a op. 36 în fa minor (Orchestra Academiei Naţionale «Santa Cecilia», dirijor Antonio Pappano) 23 31-00 41 2/3 Vltava Bedřich Smetana Šárka. Symfonická báseň (11 min) Symfonický orchestr Vysoké hudební školy ve Frankfurtu nad Mohanem Diriguje Jiří Stárek
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PAN... Panther, Klaus-Uwe Linda L. Thomburg. 2000. "The EFFECT FOR CAUSE Metonymy in English grammar", in Metaphor and Metonymy at the Crossroads A Cognitive Perspective, ed. Antonio Barcelona, pp. 215-231. Mouton de Gruytor.
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Scena Sesta (Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in diversi piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all intorno de sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori. Clistene, che scende dal tempio, preceduto da un numeroso popolo, da suoi custodi, da Licida in bianca veste coronato di fiori, da Alcandro e dal Coro de sacerdoti, de quali alcuni portano sopra i bacili d oro gli stromenti del sacrificio) CLISTENE Giovane sventurato, ecco vicino de tuoi miseri dì l ultimo istante. Tanta pietade (e mi punisca Giove se adombro il ver) tanta pietà mi fai, che non oso mirarti. Il Ciel volesse che potess io dissimular l errore Pur se nulla ti resta a desiar, fur che la vita, esponi il tuo libero desire. Esserne io giuro fedele esecutor. Quanto ti piace, figlio, prescrivi e chiudi i lumi in pace. LICIDA Padre (che ben di padre, non di giudice e re, que detti sono), l unico de miei voti è il riveder l amico pria di spirar. Già ch ei rimase in vita, l ultima grazia imploro d abbracciarlo una volta, e lieto io moro. CLISTENE T appagherò. Custodi, (alle guardie) Megacle a me. ALCANDRO Signor, tu piangi! E quale eccessiva pietà l alma t ingombra? CLISTENE Alcandro, lo confesso, stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio, la voce di costui nel cor mi desta un palpito improvviso, che lo risente in ogni fibra il sangue. Fra tutti i miei pensieri la cagion ne ricerco, e non la trovo. Che sarà, giusti dei, questo ch io provo? Non so donde viene quel tenero affetto, quel moto, che ignoto mi nasce nel petto; quel gel, che le vene scorrendo mi va. Nel seno a destarmi sì fieri contrasti non parmi che basti la sola pietà. Scena Settima (Megacle entra) LICIDA O delle gioie mie, de miei martiri, finché piacque al destin, dolce compagno, separarci convien. Poiché siam giunti agli ultimi momenti, quella destra fedel porgimi, e senti. Sia preghiera, o comando, vivi; io bramo così. Pietoso amico chiudimi tu di propria mano i lumi. Ricordati di me. Ritorna in Creta al padre mio... Povero padre! A questo preparato non sei colpo crudele. Deh tu l istoria amara raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto reggi, assisti, consola; lo raccomando a te. Se piange, il pianto tu gli asciuga sul ciglio; e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio. MEGACLE Taci. Mi fai morir. ALCANDRO Signor, trascorre l ora permessa al sacrificio. CLISTENE È vero. Olà, sacri ministri, la vittima prendete. E voi, custodi, dall amico infelice dividete colui. (son divisi da sacerdoti e da custodi) MEGACLE Barbari! Ah voi avete nel mio sen svelto il cor mio! LICIDA Ah dolce amico! MEGACLE Ah caro prence! LICIDA, MEGACLE (guardandosi da lontano) Addio. CORO I tuoi strali terror de mortali ah! sospendi, gran padre de numi, ah! deponi, gran nume de re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell ara oppressa al sacerdote. Il re prende la sacra scure, che gli vien presentata sopra un bacile da una de ministri del tempio; e, nel porgerla al sacerdote canta i seguenti si, accompagnati da grave sinfonia) CLISTENE O degli uomini padre, e degli Dei, onnipotente Giove, al cui cenno si muove il mar, la terra, il ciel; di cui ripieno è l universo, e dalla man di cui prende d ogni cagione e d ogni evento la connessa catena; questa che a te si svena, sacra vittima accogli. Essa i funesti che ti splendono in man, folgori arresti. (nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene) Scena Ottava ARGENE Fermati, o re. Fermate, sacri ministri. CLISTENE Oh insano ardir! Non sai, ninfa, qual opra turbi? ARGENE Anzi più grata vengo a renderla a Giove. Una io vi reco vittima volontaria ed innocente, che ha valor, che ha desio di morir per quel reo. CLISTENE Qual è? ARGENE Son io. MEGACLE (fra sé) Oh bella fede! LICIDA (fra sé) Oh mio rossor! CLISTENE Dovresti saper che al debil sesso pel più forte morir non è permesso. ARGENE Ma il morir non si vieta per lo sposo ad una sposa. Ei me ne diede in pegno la sua destra e la sua fede. CLISTENE Licori, io, che t ascolto, son più folle di te. D un regio erede una vil pastorella dunque... ARGENE Né vil son io, né son Licori. Argene ho nome in Creta chiara è del sangue mio la gloria antica e, se giurommi fé, Licida il dica. CLISTENE Licida, parla. LICIDA (fra sé) È l esser menzognero questa volta pietà. (a Clistene) No, non è vero. ARGENE Come! E negar lo puoi? Volgiti, ingrato; riconosci tuoi doni, se me non vuoi. L aurea catena è questa, che nell ora funesta di giurarmi tua sposa ebbi da te. Ti risovvenga almeno che di tua man ne adornasti il seno. LICIDA (fra sé) Pur troppo è ver. ARGENE Guardalo, o re. CLISTENE (alle guardie che vogliono allontanarla a forza) Dinanzi mi si tolga costei. ARGENE Popoli, amici, sacri ministri, principessa, ah! vieni; soccorrimi non vuole udirmi il padre tuo. Scena Nona ARISTEA Credimi, o padre, è degna di pietà. CLISTENE Dunque volete ch io mi riduca a delirar con voi? (ad Argene) Parla. Ma siano brevi i detti tuoi. ARGENE Parlino queste gemme, (porge il monile a Clistene) io tacerò. Van di tai fregi adorne in Elide le ninfe? CLISTENE (lo guarda e si turba) Ahimè, che miro! Alcandro, riconosci questa catena? ALCANDRO Se la conosco? E quella che al collo avea, quando l esposi all onde, il tuo figlio bambin. CLISTENE Licida, - oh Dio! tremo da capo a piè - Licida, sorgi, guarda è ver che costei l ebbe in dono da te? LICIDA Però non debbe morir per me. Fu la promessa occulta, non ebbe effetto; e col solenne rito l imeneo non si strinse. CLISTENE Io chiedo solo se l dono è tuo. LICIDA Sì. CLISTENE Da qual man ti venne? LICIDA A me donollo Aminta. CLISTENE E questo Aminta, chi è? LICIDA Meco venne; meco in Elide è giunto. CLISTENE Questo Aminta si cerchi. ARGENE Eccolo appunto. Scena Decima AMINTA Ah Licida... (vuol abbracciarlo) CLISTENE T accheta. Rispondi e non mentir. Questo monile donde avesti? AMINTA Signor, da mano ignota, già scorse il quinto lustro, ch io ebbi in don. CLISTENE Dov eri allor? AMINTA Là, dove in mar presso a Corinto sbocca il torbido Asopo. ALCANDRO (guardando attentamente Aminta. Fra sé) Ah! ch io rivengo delle note sembianze qualche traccia in quel volto, Io non m inganno certo egli è desso. (inginocchiandosi) Ah! d un antico errore, mio re, son reo. Deh mel perdona io tutto fedelmente dirò. CLISTENE Sorgi, favella. ALCANDRO Al mar, come imponesti, non esposi il bambin pietà mi vinse. Costui straniero, ignoto mi venne innanzi, e gliel donai, sperando che in rimote contrade tratto l avrebbe. CLISTENE E quel fanciullo, Aminta, dov è? Che ne facesti? AMINTA Io... - Quale arcano ho da scoprir! - CLISTENE Tu impallidisci! Parla, empio; di, che ne fu? Tacendo aggiungi all antico delitto error novello. AMINTA L hai presente, o signor Licida è quello. CLISTENE Come! non è di Creta Licida il prence? AMINTA Il vero prence in fasce fini la vita. Io, ritornato appunto con lui bambino in Creta, al re dolente l offersi in dono ei dell estinto in vece al trono l educò per mio consiglio. CLISTENE Oh numi! ecco Filinto, ecco mio figlio. (abbracciandolo) ARISTEA Stelle! LICIDA Io tuo figlio? CLISTENE Sì. Tu mi nascesti gemello ad Aristea. Delfo m impose d esporti al mar bambino, un parricida minacciandomi in te. LICIDA Comprendo adesso l orror che mi gelò quando la mano sollevai per ferirti. CLISTENE Adesso intendo l eccessiva pietà, che nel mirarti mi sentivo nel cor. AMINTA Felice padre! ALCANDRO Oggi molti in un punto puoi render lieti. CLISTENE E lo desio. D Argene Filinto il figlio mio, Megacle d Aristea vorrei consorte; ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte. MEGACLE Non è più reo, quando è tuo figlio. CLISTENE È forse la libertà de falli permessa al sangue mio? Olà, ministri, risvegliate su l ara il sacro fuoco. Va, figlio, e mori. Anch io morro tra poco. AMINTA Che giustizia inumana! ALCANDRO Che barbara virtù! MEGACLE Signor, t arresta. Tu non puoi condannarlo. In Sicione sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno, a cui tu presiedesti. Il reo dipende dal pubblico giudizio. CLISTENE E ben s ascolti dunque il pubblico voto. A prò del reo non prego, non comando e non consiglio. SACERDOTI, POPOLO Viva il figlio delinquente, perché in lui non sia punito l innocente genitor. Né funesti il di presente, né disturbi il sacro rito un idea di tanto orror Scena Sesta (Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in diversi piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all intorno de sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori. Clistene, che scende dal tempio, preceduto da un numeroso popolo, da suoi custodi, da Licida in bianca veste coronato di fiori, da Alcandro e dal Coro de sacerdoti, de quali alcuni portano sopra i bacili d oro gli stromenti del sacrificio) CLISTENE Giovane sventurato, ecco vicino de tuoi miseri dì l ultimo istante. Tanta pietade (e mi punisca Giove se adombro il ver) tanta pietà mi fai, che non oso mirarti. Il Ciel volesse che potess io dissimular l errore Pur se nulla ti resta a desiar, fur che la vita, esponi il tuo libero desire. Esserne io giuro fedele esecutor. Quanto ti piace, figlio, prescrivi e chiudi i lumi in pace. LICIDA Padre (che ben di padre, non di giudice e re, que detti sono), l unico de miei voti è il riveder l amico pria di spirar. Già ch ei rimase in vita, l ultima grazia imploro d abbracciarlo una volta, e lieto io moro. CLISTENE T appagherò. Custodi, (alle guardie) Megacle a me. ALCANDRO Signor, tu piangi! E quale eccessiva pietà l alma t ingombra? CLISTENE Alcandro, lo confesso, stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio, la voce di costui nel cor mi desta un palpito improvviso, che lo risente in ogni fibra il sangue. Fra tutti i miei pensieri la cagion ne ricerco, e non la trovo. Che sarà, giusti dei, questo ch io provo? Non so donde viene quel tenero affetto, quel moto, che ignoto mi nasce nel petto; quel gel, che le vene scorrendo mi va. Nel seno a destarmi sì fieri contrasti non parmi che basti la sola pietà. Scena Settima (Megacle entra) LICIDA O delle gioie mie, de miei martiri, finché piacque al destin, dolce compagno, separarci convien. Poiché siam giunti agli ultimi momenti, quella destra fedel porgimi, e senti. Sia preghiera, o comando, vivi; io bramo così. Pietoso amico chiudimi tu di propria mano i lumi. Ricordati di me. Ritorna in Creta al padre mio... Povero padre! A questo preparato non sei colpo crudele. Deh tu l istoria amara raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto reggi, assisti, consola; lo raccomando a te. Se piange, il pianto tu gli asciuga sul ciglio; e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio. MEGACLE Taci. Mi fai morir. ALCANDRO Signor, trascorre l ora permessa al sacrificio. CLISTENE È vero. Olà, sacri ministri, la vittima prendete. E voi, custodi, dall amico infelice dividete colui. (son divisi da sacerdoti e da custodi) MEGACLE Barbari! Ah voi avete nel mio sen svelto il cor mio! LICIDA Ah dolce amico! MEGACLE Ah caro prence! LICIDA, MEGACLE (guardandosi da lontano) Addio. CORO I tuoi strali terror de mortali ah! sospendi, gran padre de numi, ah! deponi, gran nume de re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell ara oppressa al sacerdote. Il re prende la sacra scure, che gli vien presentata sopra un bacile da una de ministri del tempio; e, nel porgerla al sacerdote canta i seguenti si, accompagnati da grave sinfonia) CLISTENE O degli uomini padre, e degli Dei, onnipotente Giove, al cui cenno si muove il mar, la terra, il ciel; di cui ripieno è l universo, e dalla man di cui prende d ogni cagione e d ogni evento la connessa catena; questa che a te si svena, sacra vittima accogli. Essa i funesti che ti splendono in man, folgori arresti. (nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene) Scena Ottava ARGENE Fermati, o re. Fermate, sacri ministri. CLISTENE Oh insano ardir! Non sai, ninfa, qual opra turbi? ARGENE Anzi più grata vengo a renderla a Giove. Una io vi reco vittima volontaria ed innocente, che ha valor, che ha desio di morir per quel reo. CLISTENE Qual è? ARGENE Son io. MEGACLE (fra sé) Oh bella fede! LICIDA (fra sé) Oh mio rossor! CLISTENE Dovresti saper che al debil sesso pel più forte morir non è permesso. ARGENE Ma il morir non si vieta per lo sposo ad una sposa. Ei me ne diede in pegno la sua destra e la sua fede. CLISTENE Licori, io, che t ascolto, son più folle di te. D un regio erede una vil pastorella dunque... ARGENE Né vil son io, né son Licori. Argene ho nome in Creta chiara è del sangue mio la gloria antica e, se giurommi fé, Licida il dica. CLISTENE Licida, parla. LICIDA (fra sé) È l esser menzognero questa volta pietà. (a Clistene) No, non è vero. ARGENE Come! E negar lo puoi? Volgiti, ingrato; riconosci tuoi doni, se me non vuoi. L aurea catena è questa, che nell ora funesta di giurarmi tua sposa ebbi da te. Ti risovvenga almeno che di tua man ne adornasti il seno. LICIDA (fra sé) Pur troppo è ver. ARGENE Guardalo, o re. CLISTENE (alle guardie che vogliono allontanarla a forza) Dinanzi mi si tolga costei. ARGENE Popoli, amici, sacri ministri, principessa, ah! vieni; soccorrimi non vuole udirmi il padre tuo. Scena Nona ARISTEA Credimi, o padre, è degna di pietà. CLISTENE Dunque volete ch io mi riduca a delirar con voi? (ad Argene) Parla. Ma siano brevi i detti tuoi. ARGENE Parlino queste gemme, (porge il monile a Clistene) io tacerò. Van di tai fregi adorne in Elide le ninfe? CLISTENE (lo guarda e si turba) Ahimè, che miro! Alcandro, riconosci questa catena? ALCANDRO Se la conosco? E quella che al collo avea, quando l esposi all onde, il tuo figlio bambin. CLISTENE Licida, - oh Dio! tremo da capo a piè - Licida, sorgi, guarda è ver che costei l ebbe in dono da te? LICIDA Però non debbe morir per me. Fu la promessa occulta, non ebbe effetto; e col solenne rito l imeneo non si strinse. CLISTENE Io chiedo solo se l dono è tuo. LICIDA Sì. CLISTENE Da qual man ti venne? LICIDA A me donollo Aminta. CLISTENE E questo Aminta, chi è? LICIDA Meco venne; meco in Elide è giunto. CLISTENE Questo Aminta si cerchi. ARGENE Eccolo appunto. Scena Decima AMINTA Ah Licida... (vuol abbracciarlo) CLISTENE T accheta. Rispondi e non mentir. Questo monile donde avesti? AMINTA Signor, da mano ignota, già scorse il quinto lustro, ch io ebbi in don. CLISTENE Dov eri allor? AMINTA Là, dove in mar presso a Corinto sbocca il torbido Asopo. ALCANDRO (guardando attentamente Aminta. Fra sé) Ah! ch io rivengo delle note sembianze qualche traccia in quel volto, Io non m inganno certo egli è desso. (inginocchiandosi) Ah! d un antico errore, mio re, son reo. Deh mel perdona io tutto fedelmente dirò. CLISTENE Sorgi, favella. ALCANDRO Al mar, come imponesti, non esposi il bambin pietà mi vinse. Costui straniero, ignoto mi venne innanzi, e gliel donai, sperando che in rimote contrade tratto l avrebbe. CLISTENE E quel fanciullo, Aminta, dov è? Che ne facesti? AMINTA Io... - Quale arcano ho da scoprir! - CLISTENE Tu impallidisci! Parla, empio; di, che ne fu? Tacendo aggiungi all antico delitto error novello. AMINTA L hai presente, o signor Licida è quello. CLISTENE Come! non è di Creta Licida il prence? AMINTA Il vero prence in fasce fini la vita. Io, ritornato appunto con lui bambino in Creta, al re dolente l offersi in dono ei dell estinto in vece al trono l educò per mio consiglio. CLISTENE Oh numi! ecco Filinto, ecco mio figlio. (abbracciandolo) ARISTEA Stelle! LICIDA Io tuo figlio? CLISTENE Sì. Tu mi nascesti gemello ad Aristea. Delfo m impose d esporti al mar bambino, un parricida minacciandomi in te. LICIDA Comprendo adesso l orror che mi gelò quando la mano sollevai per ferirti. CLISTENE Adesso intendo l eccessiva pietà, che nel mirarti mi sentivo nel cor. AMINTA Felice padre! ALCANDRO Oggi molti in un punto puoi render lieti. CLISTENE E lo desio. D Argene Filinto il figlio mio, Megacle d Aristea vorrei consorte; ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte. MEGACLE Non è più reo, quando è tuo figlio. CLISTENE È forse la libertà de falli permessa al sangue mio? Olà, ministri, risvegliate su l ara il sacro fuoco. Va, figlio, e mori. Anch io morro tra poco. AMINTA Che giustizia inumana! ALCANDRO Che barbara virtù! MEGACLE Signor, t arresta. Tu non puoi condannarlo. In Sicione sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno, a cui tu presiedesti. Il reo dipende dal pubblico giudizio. CLISTENE E ben s ascolti dunque il pubblico voto. A prò del reo non prego, non comando e non consiglio. SACERDOTI, POPOLO Viva il figlio delinquente, perché in lui non sia punito l innocente genitor. Né funesti il di presente, né disturbi il sacro rito un idea di tanto orror Vivaldi,Antonio/L Olimpiade
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04 00-06 25 FranceMusique Arturo Marquez Danzón N°2 (1993) Orchestre de Paris Kristjan Järvi, Direction En direct de la Salle Pleyel 11 00-12 00 Musiq3 Richard STRAUSS - Vier letzte Lieder Nina Stemme, soprano Orchestre de Covent Garden Dir. Antonio Pappano netia 2295311 17 05-20 00 WDR Bedrich Smetana Blanik aus Mein Vaterland (15 25 ) Concertgebouworkest Amsterdam Leitung Antal Dorati
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オペラタイトル Tito e Berenice ティートとベレニーチェ La Concordia de Pianeti 惑星の調和 L Olimpiade オリンピアーデ La clemenza di Tito ティートの慈悲 カルダーラとは カルダーラの71%は果物で出来ています。カルダーラの19%は呪詛で出来ています。カルダーラの3%は着色料で出来ています。カルダーラの2%は犠牲で出来ています。カルダーラの2%は真空で出来ています。カルダーラの2%は元気玉で出来ています。カルダーラの1%は食塩で出来ています。
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<<第一幕>> 第1場 (アルチーナの宮殿の中庭。アンジェリカとアルチーナ) ALCINA 美しき女王、あなたの力は絶大、 インドのみならず、世界中が讃えるわ。 輝く澄んだあなたの両目に、 稀代の美女たちも皆、引き下がり腰を折ります。 でもあなた、美しき女王、 息をつけますこと?酷い拷問はお止めになって、 そしてその睫毛をお和らげになって、 ああ、我が神、メドーロ! ANGELICA アルチーナ、幾分なりとも、 ご自分の諸悪を語りながら、 恋に落ちた方はご自身の悲痛を浴びせるので、 私は知っていましたわ・・・千の矢が、 この震える射手、 このもの憂い瞳からまき散らされるのを。 アグリカーネ、リナルド、フェラウ、 サクリパンテ、オルランド、そして千人の 名の知れた強者、王座に上った者たち、 皆がこの光のために、愛で焼かれる。 私は、ただ希望だけを持って、 皆を駆り立てたわ。でも、いくつかの恋に、 私は痛みを感じなかったの。最後に、私は恥じたわ。 あの方、全能の主、私の心の主、 あの方が私に仇討ちしたの・・・私の目の前に 現れるのよ、あの慈しみ深い、愛すべき、メドーロが! そしてすぐに、私は分かったの、 アルチーナ、私は恋をしたと、そして、息をしたと。 ALCINA かえってため息をついているのね?そのあなたのメドーロは、 教えて、あなたを本当に愛しているの? ANGELICA どれほど私があの方を慕っているか・・・。 ALCINA そしてため息をついているか・・・?両想いなのね。 それは心の歓びよ。 ANGELICA でも、失う時の代償はずっと大きいわ。 そして、良ければ良いほど、もっと大きい・・・。 聞いて。私の国に、彼を連れて来たの。 恋に落ちたオルランドが私を追って来ている時に、 彼の誇り高い心を知っている私は、「逃げましょう!」と、 愛する恋人に言ったわ、すぐに・・・。 ALCINA 逃げる? おべっかもご機嫌取りもないわ、 恋する心のために、彼に恥じるの? ANGELICA あの優しい、私の愛・・・ 他の安全な逃げ口上を勧めないで。 ただただ恐怖の腕の中で 自分を捨てたの、みじめに逃げた、ああ、神よ、 でも、逃げる間に、なくしてしまったわ、 私の宝物、私の両目の太陽を。 ALCINA 大丈夫よ!私が何とかするわ。 ここで私と一緒にいらっしゃい、 彼も歓迎するわ、 あなたの歓びは私の幸せよ。 ANGELICA 希望の光。 心は立ち直る。 魂は慰められる。 でも、黒い不安の 雲が沸き上がる、 清らかな甘美を 私の心から奪いながら。 第2場 (アルチーナ。そこにオルランド、覆面を下ろしてアストルフォと戦い、追ってくる) ALCINA あの人の嘆きが、どれほどの憐れみを私に呼び起こすことでしょう! ORLANDO 何を差し上げたら良いのだい、フェロン? ASTOLFO. お前の力も、もう無駄だ! ALCINA あら戦士さま!気張るのはやめて、お手柔らかになすって。 ORLANDO そうさ、このオルランドも簡単には負けないぞ。 ASTOLFO オルランド? (抱きに出る) ALCINA (独り言) まあ!愛が芽生えたのかしら? ASTOLFO 間違いをお詫びします。紋章が見知らぬもので。 ORLANDO 慈しみ深きあなたの美しい女王のために、 手加減することはできますまい。 あなたはいまや、私の望みを叶える仲介者だ。 ALCINA 彼女は私の王国に、新しい太陽をもたらしました、 あの美しい容貌で。あなたは新しい栄光をもたらします、 どうか私の王国に、私とともにとどまってくださいませ。 ORLANDO あなたはいまや、私の望みを叶える仲介者だ。 ALCINA (独り言) 全能の愛の神が、私に響いてきたわ。 傲慢な心とは反対のあなたの顔、まるで矢のよう。 ASTOLFO これは不愉快、私には一目もくれないな。 ALCINA 帝国は、その両目に 愛を呼び覚ます。 でも、その戦士のまなざし、 それは恐怖をただよわせ、 心は私をおびやかす。 そして希望は 私の疑い深い心に いま慰めをもたらすけれど、 また恐怖が起き上がって 魂を苦しめる。 (オルランドとアストルフォ) ORLANDO 両目に美を宿す人、 あなたを私は見た。あなたは愛を語った。 ASTOLFO 我がオルランド、君はアルチーナを知らないのだね! ORLANDO アルチーナ? ASTOLFO あの方が、アルチーナさ。 ORLANDO 地獄も、彼女の求めに向き合うものだろうか? 私の心から、アストルフォは平静を学ぶ。 それはあなたに、こう教える。小さな希望の光の中で すでに清らかな時間を楽しんだように私には思える、と。 ASTOLFO 君は私に平静を教える。 そして私に希望を持てと求める。 だが、誇り高く厳格なあの両目は、 私の痛みには一目もくれない。 私の望みの思いは草を食みながら、 しかし時折私はため息をつき、自ら慰めるのだ。 第3場 (Orlando, poi Bradamante) ORLANDO Pietoso Dio d amor, poiché a te piacque Trarmi dentro a tuoi lacci In dolce servitù vibra nel core D Angelica la bella Uno stral sì cocente Onde per me s accenda, e m ami alfine. BRADAMANTE Adorato Ruggier... Qui Orlando? ORLANDO Bradamante, come tu qui? BRADAMANTE Del mio Ruggier in traccia. ORLANDO Ei la destra, e la fede Di sposo non ti diè? BRADAMANTE Sorte rubella Per disusata via poi mel ritolse. ORLANDO Sventurata! BRADAMANTE La saggia incantatrice Melissa a me predisse, Ch arder qui dee il mio bene Al magico poter d Alcina al foco. ORLANDO Consolati Cugina, Se Malagigi nostro oggi non mente lieti sarem. Ma tu, come d Alcina Osasti nella reggia entrar ne tuoi Cotanto noti arnesi, e sola? BRADAMANTE E meco la possente Melissa, E in questo anel contro gl incanti e l arti Della Maga infedel ho valid arme. Alla maga crudele nasconderò il mio nome; né mostrerò quest’aria mia guerriera. Tanto men Bradamante rassembrerò a colei, quanto men fiera. ORLANDO Ora t intendo; è questi Il pretioso anel, che d ogni incanto Serba illeso chi l porta. BRADAMANTE Asconderò il mio sdegno Al nero core indegno, Sin tanto che al mio amor torni lo sposo. Ma se mi toglie, oh Dio! L indegna l idol mio Il braccio proverà fiero, e sdegnoso. Scena Quarta ORLANDO (Solo) Insolito coraggio ora in quest alma Porta di Malagigi I fatidici sensi egli del Nume Ebro, e ripieno in me lo sguardo fisse, E nel sagro furor così mi disse Orlando, allora il ciel per te dispose Le fortune d amor, quando ad Alcina Involerai le ceneri famose, Ch involser di Merlin l alma divina. Spera, coglier potrai le gloriose Palme, ch il fato al tuo poter destina Per te sia l immortal custode estinto, E l poter della maga oppresso e vinto. Amorose mie brame Non più duol e timor speriam ben tosto Sarem, io glorioso, e voi contente. Malagigi il promise, egli non mente. Nel profondo cieco Mondo Si precipiti la sorte Già spietata a questo cor. Vincerà l amor più forte Con l aita del valor. Scena Quinta (Angelica e Medoro) (Giardino delizioso di Alcina contiguo all’incantato palazzo della stessa, in cui si vedono le due fonti, una delle quali estingue, l’altra accende l’amore. Mare tempestoso in lontano. Angelica, poi Medoro, ferito, che viene dal mare, e Alcina) ANGELICA Quanto somigli tempestoso mare Al fluttuar di quest anima amante. L onda che il flutto incalza E la doglia amorosa, Che incalza il fiero duol della mia pena. Or si discopre la profonda arena, E l onda inferocita Sale tumida al ciel... MEDORO Soccorso aita. ANGELICA Misero! Ahimé, che veggio! Un picciol legno Quasi da l onde assorto Vicino a naufragar. Stranier, fa core, Respingi pur l onda nemica in salvo Già lo vegg io dal fier Nettun irato. MEDORO Pur ritorno a mirarti idolo amato! ANGELICA Che veggio! Ah mio tesor di braccio a morte T involaro i miei voti. Pur ti riveggo, e pur ti stringo al seno. Qual sangue? Ahi me infelice! MEDORO Io vengo meno. ANGELICA Qui ti siedi cor mio. MEDORO Vedo la morte Stender sovra di me squallidi i vanni Ecco i freddi sudori Dall aperto mio fianco esce già l alma; Ma dolce m è il morir, or che la sorte fra le tue braccia il mio morir destina. ANGELICA Pietosi dei, chi mi soccorre? Scena Sesta (Angelica, Medoro e Alcina) ALCINA Alcina. ANGELICA Alcina. Ah, tal mi rendi il mio tesoro? Vedi il giglio d amor langue, e ruggiade... Ma da qual cielo, oh Dio, ruggiade attendo? Il mio pianto, il mio sangue Alcina basterà per rarvvivarlo. ALCINA Bastò già il mio potere. MEDORO Chi mi richiama in vita? ANGELICA Aperti ha i lumi Riveggo, o sogno, i rai celesti? ALCINA E in loro vedi un opra volgar della mia possa. ANGELICA Che di eterno dovere a te mi stringe. (a Medoro) Pur respiri alma mia! MEDORO Ripieno ho il petto Di gioia e di contento, Poiché ti stringo al sen, cor del mio core. ALCINA Narrane i casi tuoi, che dopo il pianto Egl è soave il rammentarli in gioia MEDORO Te perduta, te cerco, e giunto al mare Legno di Logistilla M accoglie sciolto abbiam le vele appena, Che da navi nemiche intorno cinti Siam combattuti, e vinti. Ferito io resto, e prigionier s adira Nettuno, ed il naufragio a noi minaccia; Sgravansi per sottrarsi a i di lui sdegni Dall inutili somme i carchi legni. Rimango il primo absorto, E sepolto nell onde in pria che morto. L onda qua, e la m incalza, E sovra il mar m innalza. Il ciel riveggo, e innanzi a gl occhi miei L instabil flutto un picciol legno adduce; Tosto l afferro; e mentre chiedo aita, Quando morte io temea trovo la vita. Scena Settima (Angelica, Medoro, Alcina, Orlando) ORLANDO Non godrai sempre in pace, Lieto del tuo gioir, rivale audace ALCINA Orlando? ANGELICA Ahimè! MEDORO (fra sè) Io son perduto. ORLANDO Rendi pur grazie al ciel, ch inerme sei; Col tuo sangue vorrei... ANGELICA Che far vorresti? ALCINA (piano a Medoro) Deh, non temer. ANGELICA (fra sè) Lusinghe or siate meco. MEDORO (fra sè) Oh, fugaci contenti! ORLANDO (ad Angelica) Impallidisci Tigre di crudeltà, sfinge d inganni. ALCINA Tu non conosci, Orlando, Chi sia il garzon, di cui geloso or sei D Angelica la bella egli è il germano. MEDORO (fra sè) Ormai respiro, oh Dei! ANGELICA Così ingrato m insulti? E così temi Del mio sincero amor, della mia fede? ORLANDO (fra sè) Ove trascorsi? ALCINA (fra sè) Oh come scaltra or finge! ORLANDO Senti, senti mio ben. ANGELICA Sono una sfinge, Una tigre v aggiungi, Per caparra d amor, qualch altra offesa. Io tigre mentitor? Tu a me lo sei Con questo vano tuo timor geloso. ORLANDO. (a Medoro) Tu m impetra il perdono... MEDORO Non lo potrei, se il tuo rival già sono. ANGELICA Poveri affetti miei! Questa vi rende Amorosa mercede il core ingrato! (finge di piangere) ORLANDO Per questa bella man, ch umile io stringo. MEDORO (piano ad Angelica) Cara, piangi per lui? ANGELICA (piano a Medoro) Rimira, io fingo. ORLANDO O bellissima destra! ANGELICA Ella ti è pegno di mia candida fede. MEDORO (piano ad Angelica) Angelica ANGELICA (piano a Medoro) T accheta. MEDORO (piano ad Alcina) Finge pur! ALCINA (piano a Medoro) Non lo vedi? MEDORO (fra sè) Ahi che tormento! ORLANDO (ad Angelica) I begli occhi onde amor vibra le faci... ANGELICA Per te, se belli son, son belli. MEDORO (fra sè) Oh Dio! ANGELICA (sottovoce) Sei tu geloso ancor? MEDORO (sottovoce) No. ANGELICA (sottovoce) Dunque taci. (a Orlando) Tu sei degli occhi miei Tu sei di questo sen; (a Medoro) Soffri, tu sei l mio ben L oggetto amato. (a Orlando) Geloso non ti bramo Credimi sì ch io t amo Son tua, si tua son io Idolo del cor mio Nume adorato. (Angelica e Medoro escono) ORLANDO Ahi, crudele gelosia, tiranna degli affetti così presso il mio ben reo mi rendesti. Troppo è fiero il nume arcero, qunado in sen di chi ben ama d’una fredda gelosia il velen spargendo va. Ma consola l’alma mia il pensier che il mio timore già nel core del mio ben destò pietà. (esce) Scena Ottava (Alcina e Medoro) ALCINA Medoro, il ciglio abbassi, e stai dolente? Lascia di sospirar. MEDORO Cieli! Chi mai Creduto avria, ch in un momento solo Angelica potesse, Mostrando ad altri amor, farsi incostante? ALCINA L arti ancora non sai d un core amante. MEDORO Eh, d arti non ha d uopo, Chi nel seno racchiude un cor sincero. S altri adora il mio bene, Io soffrir lo dovrò, dovrò tacere? ALCINA E soffrire, e tacer questo è amor vero. MEDORO Rompo i ceppi e in lacci io torno. Dall inganno di quei guardi Incostanza apprenderò. Sarà infedele ancora Il mio cor con chi l adora, A sperar io tornerò. (Alcina, poi Ruggiero) ALCINA Innocente garzon, tu ancor non sai con quanti strali amor ferisca un core? (vede Reuggiero) Ma qual ventura è questa! Da un destriero volante veggio che scende armato cavaliere a questa parte ei volge il piè. Che fia? RUGGIERO Grazie al ciel, pure alfine calchi Ruggiero il suol, se suolo è questo, che dal felice Eliso il bel soggiorno a me rassembra. ALCINA (fra sè) È vago! (A Ruggiero) Poiché per mia gran sorte sceso dal cielo onori i regni miei, cavaliero gentil, dimmi chi sei? RUGGIERO Ruggiero son, giunto cred’io nel cielo, chè tutto spira qui beltà celeste. ALCINA Qui dove son reina, valoroso Ruggiero, signor tu sei. RUGGIERO Troppo mi onori. ALCINA Alcina tanto deve al tuo nome... (fra sè) ... e al tuo sembiante. RUGGIERO (fra sè) Sol la mia Bradamante può far confronto a sua gentil bellezza. ALCINA (fra sè) Fisso mi guarda, e poi fra sé favella. Nuova preda ei sarà degl’occhi miei. RUGGIERO (fra sè) Ah, la mia Bradamante è assai più bella. ALCINA Meco all’ombra t’assidi, il fianco tuo riposa, e ti ristora in quest’onda tranquilla. RUGGIERO Come chiara zampilla! ALCINA Assaggia meco il limpido cristallo (fra sè) (il prendo all’esca). RUGGIERO Onda giammai più fresca non assaggiai. ALCINA (fra sè) S’egli nel petto avea qualche foco d’amore l’onda ne spense già tutto l’ardore. (a Ruggiero) Ma questa è più soave (fra sè) Ora ei cade nel laccio. RUGGIERO Ambrosia è questa, o nettare di Giove? ALCINA (fra sè) Incendio desta l’onda fatal per me nel di lui core, e d’ogn’altra bellezza adorata da lui l’idea cancella. Scena Nona (Bradamante, Ruggiero, Alcina) BRADAMANTE Vò cercando Ruggiero, e l trovo involto Ne i lacci della maga. Oh me infelice! Or qui gelosa, e inosservata ascolto. RUGGIERO (ad Alcina) Veggio ne tuoi bei lumi Scintillar quella fiamma Che accenderà l innamorato core. BRADAMANTE (fra sè) Misera! ALCINA Oh fosse amore, Quello che dal tuo labbro a me favella. BRADAMANTE Ahi, donna ingannatrice! ALCINA Ei già sospira. RUGGIERO Mira o bella, deh mira Il poter de tuoi lumi, Che costringe il mio core ad adorarti. Reo s io t adoro o cara, Di temerario ardir non mi dirai. ALCINA Dirò che pria t amai E giurerò, caro, d amarti sempre. BRADAMANTE Perfida! RUGGIERO (a Alcina) Sei pur bella. BRADAMANTE (a Ruggiero) Ah traditore! Questa è la fè, che mi giurasti? E questo Il promesso tuo amore? ALCINA (a Ruggiero) E chi è costei? RUGGIERO Non la conosco. BRADAMANTE Ove trascorsi oh Dei? Olimpia io son (mentasi il nome) e quello Il perfido Bireno. Egli il giglio più bel su questo seno Sfrondò con fé di sposo, Poscia m abbandonò s egli sospira, Son mentiti i sospiri. ALCINA (a Ruggiero) Di Bireno che parla? RUGGIERO (ad Alcina) Ella delira. ALCINA Olimpia de tuoi casi Mi pesa il reo tenor; ma tu vedrai, Che Bireno non è. BRADAMANTE Pur troppo è vero. RUGGIERO Bella da tregua al duol io son Ruggiero. BRADAMANTE (fra sè) (Non mi ravvisa, o finge) (A Ruggiero) Empio tu menti; Io conobbi Ruggiero Amoroso, e costante. RUGGIERO Ella nel suo furore E Bireno, e Ruggier confonde insieme. Lasciamla alle sue smanie. Andiam mio core. ALCINA Sarò teco mia vita. BRADAMANTE Ah traditore. RUGGIERO Sol per te mio dolce amore Questo core avrà pace avrà conforto. Le tue vaghe luci belle Son le stelle, Onde amor mi guida in porto. (Ruggiero esce) BRADAMANTE Ah inumano! Ah crudele! ALCINA Guarda ben, che t’inganni. BRADAMANTE È l’infedele che mi promise affetto, che si giurò ben mille volte, e mille a queste miel pupille il più leale amante che portasse d’amor fiamme nel seno. ALCINA Bella tu prendi error. BRADAMANTE Non ti credo, no, no. Seguir lo voglio. Non sempre riderai del mio cordoglio. (esce) ALCINA Se lo crede Bireno, ella s’inganna. E se Ruggiero il crede, Invan spera di lui costanza e fede. Ei già di questi rai cede all’impero lo siegua, il cor non teme, è mio Ruggiero. Amorose ai rai del sole son le rose e le viole ed il sol co’ raggi ardenti pur talor languir le fa. Benché senta il mio diletto nuovo fuoco dentro il petto amerà sempre costante la mia bella fedeltà. (Entrambi uscita) ATTO PRIMO Scena Prima (Cortile nel Palazzo d’Alcina. Angelica e Alcina) ALCINA Bella Regina, il tuo poter Sovrano L India non sol, ma tutto il mondo onora. Al fulgido seren de gl occhi tuoi Ogni rara beltà cede e s inchina; E tu bella, e Reina Puoi sospirar? Dà bando al rio martoro, E rasserena il ciglio. Oh Dio! Medoro! ANGELICA Alcina; poiché alquanto Disacerba il suo duolo un alma amante Narrando i mali suoi, Sappi che mille strali Vibrò da queste or languide pupille Il faretrato arciero Agricane, Rinaldo, Ferraù, Sacripante, Orlando, e mille Famosi in arme, e coronati in soglio Arser tutti d amor per questi lumi. Io con la speme sola Tutti allettai; ma per alcun d amore Io non sentii le pene sdegnossi al fine Il possente Signor, e del mio core Prese vendetta innanzi a gl occhi miei Viene il leggiadro amabile Medoro; E appena il rimirai, Ch arsi Alcina d amore, e sospirai. ALCINA E per questo sospiri? Il tuo Medoro, Dimmi, t ama fedel? ANGELICA Quant io l adoro. ALCINA E tu sospiri? Un corrisposto amore E la gioia del core. ANGELICA Ma del perduto ben maggior la pena Allora è più, quanto più il bene è caro. Senti meco il guidava a regni miei, Quando mi siegue innamorato Orlando Io che conosco il fiero cor, fuggiamo Dico al caro amator, tosto... ALCINA Fuggire? Mancan lusinghe, e vezzi Per amolir d amante cor gli sdegni? ANGELICA Il tenero mio amore Non suggerirmi altra guardia sicura, Sola in braccio al timore M’abbandonai, fuggii misera, oh Dio, Ma nel fuggir perdei Il mio tesoro, il sol de gl occhi miei. ALCINA Fa cor, t el renderò potrai qui meco Di lui lieta godere, E accordar la tua gioia al mio piacere. ANGELICA Un raggio di speme Il cor rasserena E l alma consola; Ma s alza un vapore Di nero timore, Che il dolce sereno Dal seno m invola. Scena Seconda (Alcina. Poi Orlando, con visiera calata, combattendo con Astolfo e incalzandolo.) ALCINA Quanta pietà mi desta il suo cordoglio. ORLANDO Ch io ti ceda fellon? ASTOLFO. Sei forte invano. ALCINA Olà guerrier, l orgoglio abbassa, e l brando. ORLANDO Sì di leggier non ubbidisce Orlando. ASTOLFO Orlando? (va ad abbracciarlo) ALCINA (Fra sè) Ah! Si accendesse almeno aita amore? ASTOLFO Scusa l error, le ignote insegne incolpa. ORLANDO Per la vezzosa tua bella reina Meno oprar, tu non dei, Arbitra omai del mio voler tu sei. ALCINA Ella a’ miei regni aggiunse un nuovo sol col suo bel volto; tu nuova gloria aggiungi te’n priego in restar meco ai regni miei. ORLANDO Arbitra omai del mio voler tu sei. ALCINA (da sé) Vibra per me possente dio d amore Contro l altero cor tua face, e l dardo. ASTOLFO L ingrata non mi dà neppur un guardo. ALCINA Alza in quegl’occhi Amore l’impero; ma il sguardo guerriero, che spande terrore, il cor mi spaventa. E benché la speme a l’alma dubbiosa or rechi conforto risorge il timore, che l’alma tormenta. (Orlando e Astolfo) ORLANDO Della bella ne’ gl’occhi vidi per te, che favellava amore. ASTOLFO Orlando mio, tu non conosci Alcina! ORLANDO Alcina? ASTOLFO Alcina è questa ORLANDO Quella ch’a suo voler volge l’inferno? Costanza dal mio cor Astolfo impara. Ti racconsola ai rai di poca spene già mi par di goder ore serene. ASTOLFO Costanza tu m’insegni, e vuoi ch’io speri, ma quegl’occhi superbi, e severi non danno alle mie pene un guardo solo. Pascendo di speranza i miei pensieri, pur talvolta sospiro, e mi consolo. Scena Terza (Orlando, poi Bradamante) ORLANDO Pietoso Dio d amor, poiché a te piacque Trarmi dentro a tuoi lacci In dolce servitù vibra nel core D Angelica la bella Uno stral sì cocente Onde per me s accenda, e m ami alfine. BRADAMANTE Adorato Ruggier... Qui Orlando? ORLANDO Bradamante, come tu qui? BRADAMANTE Del mio Ruggier in traccia. ORLANDO Ei la destra, e la fede Di sposo non ti diè? BRADAMANTE Sorte rubella Per disusata via poi mel ritolse. ORLANDO Sventurata! BRADAMANTE La saggia incantatrice Melissa a me predisse, Ch arder qui dee il mio bene Al magico poter d Alcina al foco. ORLANDO Consolati Cugina, Se Malagigi nostro oggi non mente lieti sarem. Ma tu, come d Alcina Osasti nella reggia entrar ne tuoi Cotanto noti arnesi, e sola? BRADAMANTE E meco la possente Melissa, E in questo anel contro gl incanti e l arti Della Maga infedel ho valid arme. Alla maga crudele nasconderò il mio nome; né mostrerò quest’aria mia guerriera. Tanto men Bradamante rassembrerò a colei, quanto men fiera. ORLANDO Ora t intendo; è questi Il pretioso anel, che d ogni incanto Serba illeso chi l porta. BRADAMANTE Asconderò il mio sdegno Al nero core indegno, Sin tanto che al mio amor torni lo sposo. Ma se mi toglie, oh Dio! L indegna l idol mio Il braccio proverà fiero, e sdegnoso. Scena Quarta ORLANDO (Solo) Insolito coraggio ora in quest alma Porta di Malagigi I fatidici sensi egli del Nume Ebro, e ripieno in me lo sguardo fisse, E nel sagro furor così mi disse Orlando, allora il ciel per te dispose Le fortune d amor, quando ad Alcina Involerai le ceneri famose, Ch involser di Merlin l alma divina. Spera, coglier potrai le gloriose Palme, ch il fato al tuo poter destina Per te sia l immortal custode estinto, E l poter della maga oppresso e vinto. Amorose mie brame Non più duol e timor speriam ben tosto Sarem, io glorioso, e voi contente. Malagigi il promise, egli non mente. Nel profondo cieco Mondo Si precipiti la sorte Già spietata a questo cor. Vincerà l amor più forte Con l aita del valor. Scena Quinta (Angelica e Medoro) (Giardino delizioso di Alcina contiguo all’incantato palazzo della stessa, in cui si vedono le due fonti, una delle quali estingue, l’altra accende l’amore. Mare tempestoso in lontano. Angelica, poi Medoro, ferito, che viene dal mare, e Alcina) ANGELICA Quanto somigli tempestoso mare Al fluttuar di quest anima amante. L onda che il flutto incalza E la doglia amorosa, Che incalza il fiero duol della mia pena. Or si discopre la profonda arena, E l onda inferocita Sale tumida al ciel... MEDORO Soccorso aita. ANGELICA Misero! Ahimé, che veggio! Un picciol legno Quasi da l onde assorto Vicino a naufragar. Stranier, fa core, Respingi pur l onda nemica in salvo Già lo vegg io dal fier Nettun irato. MEDORO Pur ritorno a mirarti idolo amato! ANGELICA Che veggio! Ah mio tesor di braccio a morte T involaro i miei voti. Pur ti riveggo, e pur ti stringo al seno. Qual sangue? Ahi me infelice! MEDORO Io vengo meno. ANGELICA Qui ti siedi cor mio. MEDORO Vedo la morte Stender sovra di me squallidi i vanni Ecco i freddi sudori Dall aperto mio fianco esce già l alma; Ma dolce m è il morir, or che la sorte fra le tue braccia il mio morir destina. ANGELICA Pietosi dei, chi mi soccorre? Scena Sesta (Angelica, Medoro e Alcina) ALCINA Alcina. ANGELICA Alcina. Ah, tal mi rendi il mio tesoro? Vedi il giglio d amor langue, e ruggiade... Ma da qual cielo, oh Dio, ruggiade attendo? Il mio pianto, il mio sangue Alcina basterà per rarvvivarlo. ALCINA Bastò già il mio potere. MEDORO Chi mi richiama in vita? ANGELICA Aperti ha i lumi Riveggo, o sogno, i rai celesti? ALCINA E in loro vedi un opra volgar della mia possa. ANGELICA Che di eterno dovere a te mi stringe. (a Medoro) Pur respiri alma mia! MEDORO Ripieno ho il petto Di gioia e di contento, Poiché ti stringo al sen, cor del mio core. ALCINA Narrane i casi tuoi, che dopo il pianto Egl è soave il rammentarli in gioia MEDORO Te perduta, te cerco, e giunto al mare Legno di Logistilla M accoglie sciolto abbiam le vele appena, Che da navi nemiche intorno cinti Siam combattuti, e vinti. Ferito io resto, e prigionier s adira Nettuno, ed il naufragio a noi minaccia; Sgravansi per sottrarsi a i di lui sdegni Dall inutili somme i carchi legni. Rimango il primo absorto, E sepolto nell onde in pria che morto. L onda qua, e la m incalza, E sovra il mar m innalza. Il ciel riveggo, e innanzi a gl occhi miei L instabil flutto un picciol legno adduce; Tosto l afferro; e mentre chiedo aita, Quando morte io temea trovo la vita. Scena Settima (Angelica, Medoro, Alcina, Orlando) ORLANDO Non godrai sempre in pace, Lieto del tuo gioir, rivale audace ALCINA Orlando? ANGELICA Ahimè! MEDORO (fra sè) Io son perduto. ORLANDO Rendi pur grazie al ciel, ch inerme sei; Col tuo sangue vorrei... ANGELICA Che far vorresti? ALCINA (piano a Medoro) Deh, non temer. ANGELICA (fra sè) Lusinghe or siate meco. MEDORO (fra sè) Oh, fugaci contenti! ORLANDO (ad Angelica) Impallidisci Tigre di crudeltà, sfinge d inganni. ALCINA Tu non conosci, Orlando, Chi sia il garzon, di cui geloso or sei D Angelica la bella egli è il germano. MEDORO (fra sè) Ormai respiro, oh Dei! ANGELICA Così ingrato m insulti? E così temi Del mio sincero amor, della mia fede? ORLANDO (fra sè) Ove trascorsi? ALCINA (fra sè) Oh come scaltra or finge! ORLANDO Senti, senti mio ben. ANGELICA Sono una sfinge, Una tigre v aggiungi, Per caparra d amor, qualch altra offesa. Io tigre mentitor? Tu a me lo sei Con questo vano tuo timor geloso. ORLANDO. (a Medoro) Tu m impetra il perdono... MEDORO Non lo potrei, se il tuo rival già sono. ANGELICA Poveri affetti miei! Questa vi rende Amorosa mercede il core ingrato! (finge di piangere) ORLANDO Per questa bella man, ch umile io stringo. MEDORO (piano ad Angelica) Cara, piangi per lui? ANGELICA (piano a Medoro) Rimira, io fingo. ORLANDO O bellissima destra! ANGELICA Ella ti è pegno di mia candida fede. MEDORO (piano ad Angelica) Angelica ANGELICA (piano a Medoro) T accheta. MEDORO (piano ad Alcina) Finge pur! ALCINA (piano a Medoro) Non lo vedi? MEDORO (fra sè) Ahi che tormento! ORLANDO (ad Angelica) I begli occhi onde amor vibra le faci... ANGELICA Per te, se belli son, son belli. MEDORO (fra sè) Oh Dio! ANGELICA (sottovoce) Sei tu geloso ancor? MEDORO (sottovoce) No. ANGELICA (sottovoce) Dunque taci. (a Orlando) Tu sei degli occhi miei Tu sei di questo sen; (a Medoro) Soffri, tu sei l mio ben L oggetto amato. (a Orlando) Geloso non ti bramo Credimi sì ch io t amo Son tua, si tua son io Idolo del cor mio Nume adorato. (Angelica e Medoro escono) ORLANDO Ahi, crudele gelosia, tiranna degli affetti così presso il mio ben reo mi rendesti. Troppo è fiero il nume arcero, qunado in sen di chi ben ama d’una fredda gelosia il velen spargendo va. Ma consola l’alma mia il pensier che il mio timore già nel core del mio ben destò pietà. (esce) Scena Ottava (Alcina e Medoro) ALCINA Medoro, il ciglio abbassi, e stai dolente? Lascia di sospirar. MEDORO Cieli! Chi mai Creduto avria, ch in un momento solo Angelica potesse, Mostrando ad altri amor, farsi incostante? ALCINA L arti ancora non sai d un core amante. MEDORO Eh, d arti non ha d uopo, Chi nel seno racchiude un cor sincero. S altri adora il mio bene, Io soffrir lo dovrò, dovrò tacere? ALCINA E soffrire, e tacer questo è amor vero. MEDORO Rompo i ceppi e in lacci io torno. Dall inganno di quei guardi Incostanza apprenderò. Sarà infedele ancora Il mio cor con chi l adora, A sperar io tornerò. (Alcina, poi Ruggiero) ALCINA Innocente garzon, tu ancor non sai con quanti strali amor ferisca un core? (vede Reuggiero) Ma qual ventura è questa! Da un destriero volante veggio che scende armato cavaliere a questa parte ei volge il piè. Che fia? RUGGIERO Grazie al ciel, pure alfine calchi Ruggiero il suol, se suolo è questo, che dal felice Eliso il bel soggiorno a me rassembra. ALCINA (fra sè) È vago! (A Ruggiero) Poiché per mia gran sorte sceso dal cielo onori i regni miei, cavaliero gentil, dimmi chi sei? RUGGIERO Ruggiero son, giunto cred’io nel cielo, chè tutto spira qui beltà celeste. ALCINA Qui dove son reina, valoroso Ruggiero, signor tu sei. RUGGIERO Troppo mi onori. ALCINA Alcina tanto deve al tuo nome... (fra sè) ... e al tuo sembiante. RUGGIERO (fra sè) Sol la mia Bradamante può far confronto a sua gentil bellezza. ALCINA (fra sè) Fisso mi guarda, e poi fra sé favella. Nuova preda ei sarà degl’occhi miei. RUGGIERO (fra sè) Ah, la mia Bradamante è assai più bella. ALCINA Meco all’ombra t’assidi, il fianco tuo riposa, e ti ristora in quest’onda tranquilla. RUGGIERO Come chiara zampilla! ALCINA Assaggia meco il limpido cristallo (fra sè) (il prendo all’esca). RUGGIERO Onda giammai più fresca non assaggiai. ALCINA (fra sè) S’egli nel petto avea qualche foco d’amore l’onda ne spense già tutto l’ardore. (a Ruggiero) Ma questa è più soave (fra sè) Ora ei cade nel laccio. RUGGIERO Ambrosia è questa, o nettare di Giove? ALCINA (fra sè) Incendio desta l’onda fatal per me nel di lui core, e d’ogn’altra bellezza adorata da lui l’idea cancella. Scena Nona (Bradamante, Ruggiero, Alcina) BRADAMANTE Vò cercando Ruggiero, e l trovo involto Ne i lacci della maga. Oh me infelice! Or qui gelosa, e inosservata ascolto. RUGGIERO (ad Alcina) Veggio ne tuoi bei lumi Scintillar quella fiamma Che accenderà l innamorato core. BRADAMANTE (fra sè) Misera! ALCINA Oh fosse amore, Quello che dal tuo labbro a me favella. BRADAMANTE Ahi, donna ingannatrice! ALCINA Ei già sospira. RUGGIERO Mira o bella, deh mira Il poter de tuoi lumi, Che costringe il mio core ad adorarti. Reo s io t adoro o cara, Di temerario ardir non mi dirai. ALCINA Dirò che pria t amai E giurerò, caro, d amarti sempre. BRADAMANTE Perfida! RUGGIERO (a Alcina) Sei pur bella. BRADAMANTE (a Ruggiero) Ah traditore! Questa è la fè, che mi giurasti? E questo Il promesso tuo amore? ALCINA (a Ruggiero) E chi è costei? RUGGIERO Non la conosco. BRADAMANTE Ove trascorsi oh Dei? Olimpia io son (mentasi il nome) e quello Il perfido Bireno. Egli il giglio più bel su questo seno Sfrondò con fé di sposo, Poscia m abbandonò s egli sospira, Son mentiti i sospiri. ALCINA (a Ruggiero) Di Bireno che parla? RUGGIERO (ad Alcina) Ella delira. ALCINA Olimpia de tuoi casi Mi pesa il reo tenor; ma tu vedrai, Che Bireno non è. BRADAMANTE Pur troppo è vero. RUGGIERO Bella da tregua al duol io son Ruggiero. BRADAMANTE (fra sè) (Non mi ravvisa, o finge) (A Ruggiero) Empio tu menti; Io conobbi Ruggiero Amoroso, e costante. RUGGIERO Ella nel suo furore E Bireno, e Ruggier confonde insieme. Lasciamla alle sue smanie. Andiam mio core. ALCINA Sarò teco mia vita. BRADAMANTE Ah traditore. RUGGIERO Sol per te mio dolce amore Questo core avrà pace avrà conforto. Le tue vaghe luci belle Son le stelle, Onde amor mi guida in porto. (Ruggiero esce) BRADAMANTE Ah inumano! Ah crudele! ALCINA Guarda ben, che t’inganni. BRADAMANTE È l’infedele che mi promise affetto, che si giurò ben mille volte, e mille a queste miel pupille il più leale amante che portasse d’amor fiamme nel seno. ALCINA Bella tu prendi error. BRADAMANTE Non ti credo, no, no. Seguir lo voglio. Non sempre riderai del mio cordoglio. (esce) ALCINA Se lo crede Bireno, ella s’inganna. E se Ruggiero il crede, Invan spera di lui costanza e fede. Ei già di questi rai cede all’impero lo siegua, il cor non teme, è mio Ruggiero. Amorose ai rai del sole son le rose e le viole ed il sol co’ raggi ardenti pur talor languir le fa. Benché senta il mio diletto nuovo fuoco dentro il petto amerà sempre costante la mia bella fedeltà. (Entrambi uscita) Vivaldi,Antonio/Orlando furioso/II
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11 03-12 00 WDR SWR NDR Richard Strauss "Vier letzte Lieder" AV 150 Nina Stemme (Sopran) Orchestra of the Royal Opera House Covent Garden Leitung Antonio Pappano 13 20-15 59 2/7 RadioRomania Ludwig van Beethoven – Sonata nr.9 op.47 în La major „Kreutzer” pentru pian şi vioară (Dana Protopopescu şi Liviu Prunaru) 21 00-23 05 Musiq3 Julian Rachlin, violon, Itamar Golan, piano Beethoven unbekannt
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Scena Sesta ARGENE Udisti, o principessa? ARISTEA Amica, addio convien ch io siegua il padre. Ah tu, che puoi, del mio Megacle amato, se pietosa pur sei, come sei bella, cerca recarmi, oh Dio, qualche novella. È troppo spietato il barbaro Fato mi cruccia, m affanna la sorte tiranna. E dentro il mio petto più pace non v è. Se vedi l amante, pietoso il tuo core dell alma costante palesi il dolore, e sappia che eterna gli serbo la fé. (esce) Scena Settima ARGENE Dunque Licida ingrato già di me si scordò! Povera Argene, e che mai ti serbar le stelle irate! Imparate, imparate, inesperte donzelle. Ecco lo stile de lusinghieri amanti. Ognun vi chiama suo ben, sua vita e suo tesoro ognuno giura che, a voi pensando, vaneggia il di, veglia le notti. Han l arte di lagrimar, d impallidir. Tal volta par che sugli occhi vostri voglian morir fra gli amorosi affanni guardatevi da lor. Son tutti inganni. Più non si trovano fra mille amanti sol due bell anime, che sian costanti, e tutti parlano di fedeltà. E il reo costume tanto s avvanza, che la costanza di chi ben ama ormai si chiama semplicità. (Parte) Scena Ottava MEGACLE Licida. LICIDA Amico. MEGACLE Eccomi a te. LICIDA Compisti... MEGACLE Tutto, o signor. Già col tuo nome al tempio per te mi presentai. Per te fra poco vado al cimento. Or fin che il noto segno della pugna si dia, spiegar mi puoi la cagion della trama. LICIDA Oh, se tu vinci, non ha di me più fortunato amante tutto il regno d Amor. MEGACLE Perché? LICIDA Promessa in premio al vincitore è una real beltà. La vidi appena, che n arsi e la bramai. Ma poco esperto negli atletici studi... MEGACLE Intendo. Io deggio conquistarla per te. LICIDA Sì. Chiedi poi la mia vita, il mio sangue, il regno mio; tutto, o Megacle amato, io t offro, e tutto scarso premio sarà. MEGACLE Di tanti, o prence, stimoli non fa d uopo al grato servo, al fido amico. Io sono memore assai de doni tuoi; rammento la vita che mi desti. Avrai la sposa; speralo pur. Nella palestra elèa non entro pellegrin. LICIDA Oh dolce amico! (abbracciandolo) Oh cara sospirata Aristea! MEGACLE Che! LICIDA Chiamo a nome il mio tesoro. MEGACLE Ed Aristea si chiama? LICIDA Appunto. MEGACLE Altro ne sai? LICIDA Presso a Corinto nacque in riva all Asopo. Al re Clistene unica prole. MEGACLE (fra sé) Ahimè! Questa è il mio bene. (A Licida) E per lei se combatte? LICIDA Per lei. MEGACLE Questa degg io conquistarti pugnando? LICIDA Questa. MEGACLE Ed è tua speranza e tuo conforto sola Aristea! LICIDA Sola Aristea. MEGACLE (fra sé) Son morto. LICIDA Non ti stupir. Quando vedrai quel volto, forse mi scuserai. D esserne amanti non avrebbon rossore i numi istessi. MEGACLE (para sí) Ah così nol sapessi! LICIDA Oh, se tu vinci! Chi più lieto di me? Megacle istesso quanto mai ne godrà! Dì; non avrai piacer del piacer mio? MEGACLE Grande. LICIDA Il momento, che ad Aristea m annodi, Megacle dì, non ti parrà felice? MEGACLE Felicissimo. (fra sé) Oh dei! LICIDA Tu non vorrai pronubo accompagnarmi al talamo nuzial? MEGACLE (fra sé) Che pena! LICIDA Parla. MEGACLE Sì; come vuoi. (fra sé) Qual nova specie è questa di martirio, d inferno! LICIDA Oh quanto il giorno lungo è per me! Che l aspettare uccida nel caso, in cui mi vedo, tu non credi, o non sai. MEGACLE Lo so, lo credo. LICIDA Senti amico. Io mi fingo, già l avvenir già col desio possiedo la dolce sposa. MEGACLE (fra sé) Ah questo è troppo! LICIDA E parmi... MEGACLE Ma taci assai dicesti. Amico io sono; (con impeto) il mio dover comprendo; ma poi... LICIDA Perché ti sdegni? In che t offendo? MEGACLE (fra sé) Imprudente, che feci! (si ricompone) Il mio trasporto è desio di servirti. Io stanco arrivo dal cammino lungo ho da pugnar mi resta picciol tempo al riposo, e tu mel togli. LICIDA E chi mai ti ritenne di spiegarti fin ora? MEGACLE Il mio rispetto. LICIDA Vuoi dunque riposar? MEGACLE Sì. LICIDA Brami altrove meco venir? MEGACLE No. LICIDA Rimaner ti piace qui fra quest ombre? MEGACLE Sì. LICIDA Restar degg io? MEGACLE No. (con impazienza; e si getta a sedere) LICIDA (fra sé) Strana voglia! (A Megacle) E ben, riposa addio. Mentre dormi, Amor fomenti il piacer de sonni tuoi con l idea del mio piacer. Abbia il rio passi più lenti; e sospenda i moti suoi ogni zeffiro leggier. (parte) Scena Nona MEGACLE Che intesi, eterni dei! Quale improvviso fulmine mi colpi! L anima mia dunque fia d altri! E ho da condurla io stesso in braccio al mio rival! Megacle ingrato, e dubitar potessi? Ah, se ti vede con questa in volto infame macchia e rea, ha ragion d abborrirti anche Aristea. No, tal non mi vedrà. Altro non temo che l volto del mio ben. Questo s eviti formidabile incontro. In faccia a lei, misero che farei! Palpito e sudo solo in pensarlo, e parmi instupidir, gelarmi, confondermi, tremar... No, non potrei... Scena Decima (entra Aristea) ARISTEA (senza vederlo in viso) Stranier. MEGACLE Chi mi sorprende? (rivoltandosi e riconoscendosi reciprocamente) ARISTEA (fra sé) Oh stelle! MEGACLE (fra sé) Oh Dei! ARISTEA Megacle! Mia speranza! Oh caro! Oh tanto e sospirato e pianto e richiamato invano! Udisti alfine la povera Aristea. Tornasti e come opportuno tornasti! Oh Amor pietoso! Oh felici martiri! Oh ben sparsi fin or pianti e sospiri! MEGACLE (fra sé) Che fiero caso è il mio! ARISTEA Megacle amato, e tu nulla rispondi? E taci ancor? Che mai vuol dir quel tanto cambiarti di color? Quel non mirarmi che timido e confuso? E quelle a forza lacrime trattenute? Ah più non sono forse la fiamma tua? Forse... MEGACLE Che dici! Sempre... Sappi... Son io... Parlar non so. (fra sé) Che fiero caso è il mio! ARISTEA Ma tu mi fai gelar. Dimmi non sai che per mi qui se pugna? MEGACLE Il so. ARISTEA Non vieni ad sporti per me? MEGACLE Sì. ARISTEA Perché mai dunque sei così mesto? Ma guardami, ma parla, ma di... MEGACLE Che posso dir? ALCANDRO (uscendo frettoloso) Signor, t affretta, se a combatter venisti. Il segno è dato, che al gran cimento i concorrenti invita. (parte) MEGACLE Assistetemi, o numi. Addio, mia vita. ARISTEA E mi lasci così? Va; ti perdono, pur che torni mio sposo. MEGACLE Ah si gran sorte non è per me! (in atto di partire) ARISTEA Senti. Tu m ami ancora? MEGACLE Quanto l anima mia. ARISTEA Fedel mi credi? MEGACLE Sì, come bella. ARISTEA A conquistar mi vai? MEGACLE Lo bramo almeno. ARISTEA Il tuo valor primiero hai pur? MEGACLE Lo credo. ARISTEA E vincerai? MEGACLE Lo spero. ARISTEA Dunque allor non son io, caro, la sposa tua? MEGACLE Mia vita … Addio. Ne giorni tuoi felici ricordati di me. ARISTEA Perché così mi dici, anima mia, perché? MEGACLE Taci, bell idol mio. ARISTEA Parla, mio dolce amor. MEGACLE Ah, che parlando, ARISTEA Ah, che tacendo, A DUE oh Dio! tu mi trafiggi il cor. ARISTEA (fra sé) Veggio languir chi adoro, nè intendo il suo languir! MEGACLE (fra sé) Di gelosia mi moro, e non lo posso dir! A DUE Chi mai provò di questo affanno più funesto, più barbaro dolor! Scena Sesta ARGENE Udisti, o principessa? ARISTEA Amica, addio convien ch io siegua il padre. Ah tu, che puoi, del mio Megacle amato, se pietosa pur sei, come sei bella, cerca recarmi, oh Dio, qualche novella. È troppo spietato il barbaro Fato mi cruccia, m affanna la sorte tiranna. E dentro il mio petto più pace non v è. Se vedi l amante, pietoso il tuo core dell alma costante palesi il dolore, e sappia che eterna gli serbo la fé. (esce) Scena Settima ARGENE Dunque Licida ingrato già di me si scordò! Povera Argene, e che mai ti serbar le stelle irate! Imparate, imparate, inesperte donzelle. Ecco lo stile de lusinghieri amanti. Ognun vi chiama suo ben, sua vita e suo tesoro ognuno giura che, a voi pensando, vaneggia il di, veglia le notti. Han l arte di lagrimar, d impallidir. Tal volta par che sugli occhi vostri voglian morir fra gli amorosi affanni guardatevi da lor. Son tutti inganni. Più non si trovano fra mille amanti sol due bell anime, che sian costanti, e tutti parlano di fedeltà. E il reo costume tanto s avvanza, che la costanza di chi ben ama ormai si chiama semplicità. (Parte) Scena Ottava MEGACLE Licida. LICIDA Amico. MEGACLE Eccomi a te. LICIDA Compisti... MEGACLE Tutto, o signor. Già col tuo nome al tempio per te mi presentai. Per te fra poco vado al cimento. Or fin che il noto segno della pugna si dia, spiegar mi puoi la cagion della trama. LICIDA Oh, se tu vinci, non ha di me più fortunato amante tutto il regno d Amor. MEGACLE Perché? LICIDA Promessa in premio al vincitore è una real beltà. La vidi appena, che n arsi e la bramai. Ma poco esperto negli atletici studi... MEGACLE Intendo. Io deggio conquistarla per te. LICIDA Sì. Chiedi poi la mia vita, il mio sangue, il regno mio; tutto, o Megacle amato, io t offro, e tutto scarso premio sarà. MEGACLE Di tanti, o prence, stimoli non fa d uopo al grato servo, al fido amico. Io sono memore assai de doni tuoi; rammento la vita che mi desti. Avrai la sposa; speralo pur. Nella palestra elèa non entro pellegrin. LICIDA Oh dolce amico! (abbracciandolo) Oh cara sospirata Aristea! MEGACLE Che! LICIDA Chiamo a nome il mio tesoro. MEGACLE Ed Aristea si chiama? LICIDA Appunto. MEGACLE Altro ne sai? LICIDA Presso a Corinto nacque in riva all Asopo. Al re Clistene unica prole. MEGACLE (fra sé) Ahimè! Questa è il mio bene. (A Licida) E per lei se combatte? LICIDA Per lei. MEGACLE Questa degg io conquistarti pugnando? LICIDA Questa. MEGACLE Ed è tua speranza e tuo conforto sola Aristea! LICIDA Sola Aristea. MEGACLE (fra sé) Son morto. LICIDA Non ti stupir. Quando vedrai quel volto, forse mi scuserai. D esserne amanti non avrebbon rossore i numi istessi. MEGACLE (para sí) Ah così nol sapessi! LICIDA Oh, se tu vinci! Chi più lieto di me? Megacle istesso quanto mai ne godrà! Dì; non avrai piacer del piacer mio? MEGACLE Grande. LICIDA Il momento, che ad Aristea m annodi, Megacle dì, non ti parrà felice? MEGACLE Felicissimo. (fra sé) Oh dei! LICIDA Tu non vorrai pronubo accompagnarmi al talamo nuzial? MEGACLE (fra sé) Che pena! LICIDA Parla. MEGACLE Sì; come vuoi. (fra sé) Qual nova specie è questa di martirio, d inferno! LICIDA Oh quanto il giorno lungo è per me! Che l aspettare uccida nel caso, in cui mi vedo, tu non credi, o non sai. MEGACLE Lo so, lo credo. LICIDA Senti amico. Io mi fingo, già l avvenir già col desio possiedo la dolce sposa. MEGACLE (fra sé) Ah questo è troppo! LICIDA E parmi... MEGACLE Ma taci assai dicesti. Amico io sono; (con impeto) il mio dover comprendo; ma poi... LICIDA Perché ti sdegni? In che t offendo? MEGACLE (fra sé) Imprudente, che feci! (si ricompone) Il mio trasporto è desio di servirti. Io stanco arrivo dal cammino lungo ho da pugnar mi resta picciol tempo al riposo, e tu mel togli. LICIDA E chi mai ti ritenne di spiegarti fin ora? MEGACLE Il mio rispetto. LICIDA Vuoi dunque riposar? MEGACLE Sì. LICIDA Brami altrove meco venir? MEGACLE No. LICIDA Rimaner ti piace qui fra quest ombre? MEGACLE Sì. LICIDA Restar degg io? MEGACLE No. (con impazienza; e si getta a sedere) LICIDA (fra sé) Strana voglia! (A Megacle) E ben, riposa addio. Mentre dormi, Amor fomenti il piacer de sonni tuoi con l idea del mio piacer. Abbia il rio passi più lenti; e sospenda i moti suoi ogni zeffiro leggier. (parte) Scena Nona MEGACLE Che intesi, eterni dei! Quale improvviso fulmine mi colpi! L anima mia dunque fia d altri! E ho da condurla io stesso in braccio al mio rival! Megacle ingrato, e dubitar potessi? Ah, se ti vede con questa in volto infame macchia e rea, ha ragion d abborrirti anche Aristea. No, tal non mi vedrà. Altro non temo che l volto del mio ben. Questo s eviti formidabile incontro. In faccia a lei, misero che farei! Palpito e sudo solo in pensarlo, e parmi instupidir, gelarmi, confondermi, tremar... No, non potrei... Scena Decima (entra Aristea) ARISTEA (senza vederlo in viso) Stranier. MEGACLE Chi mi sorprende? (rivoltandosi e riconoscendosi reciprocamente) ARISTEA (fra sé) Oh stelle! MEGACLE (fra sé) Oh Dei! ARISTEA Megacle! Mia speranza! Oh caro! Oh tanto e sospirato e pianto e richiamato invano! Udisti alfine la povera Aristea. Tornasti e come opportuno tornasti! Oh Amor pietoso! Oh felici martiri! Oh ben sparsi fin or pianti e sospiri! MEGACLE (fra sé) Che fiero caso è il mio! ARISTEA Megacle amato, e tu nulla rispondi? E taci ancor? Che mai vuol dir quel tanto cambiarti di color? Quel non mirarmi che timido e confuso? E quelle a forza lacrime trattenute? Ah più non sono forse la fiamma tua? Forse... MEGACLE Che dici! Sempre... Sappi... Son io... Parlar non so. (fra sé) Che fiero caso è il mio! ARISTEA Ma tu mi fai gelar. Dimmi non sai che per mi qui se pugna? MEGACLE Il so. ARISTEA Non vieni ad sporti per me? MEGACLE Sì. ARISTEA Perché mai dunque sei così mesto? Ma guardami, ma parla, ma di... MEGACLE Che posso dir? ALCANDRO (uscendo frettoloso) Signor, t affretta, se a combatter venisti. Il segno è dato, che al gran cimento i concorrenti invita. (parte) MEGACLE Assistetemi, o numi. Addio, mia vita. ARISTEA E mi lasci così? Va; ti perdono, pur che torni mio sposo. MEGACLE Ah si gran sorte non è per me! (in atto di partire) ARISTEA Senti. Tu m ami ancora? MEGACLE Quanto l anima mia. ARISTEA Fedel mi credi? MEGACLE Sì, come bella. ARISTEA A conquistar mi vai? MEGACLE Lo bramo almeno. ARISTEA Il tuo valor primiero hai pur? MEGACLE Lo credo. ARISTEA E vincerai? MEGACLE Lo spero. ARISTEA Dunque allor non son io, caro, la sposa tua? MEGACLE Mia vita … Addio. Ne giorni tuoi felici ricordati di me. ARISTEA Perché così mi dici, anima mia, perché? MEGACLE Taci, bell idol mio. ARISTEA Parla, mio dolce amor. MEGACLE Ah, che parlando, ARISTEA Ah, che tacendo, A DUE oh Dio! tu mi trafiggi il cor. ARISTEA (fra sé) Veggio languir chi adoro, nè intendo il suo languir! MEGACLE (fra sé) Di gelosia mi moro, e non lo posso dir! A DUE Chi mai provò di questo affanno più funesto, più barbaro dolor! Vivaldi,Antonio/L Olimpiade/II-1